Cervicaglie psichiche
Le cervicalgie psichiche
sono particolari forme patologiche che spesso sono la conseguenza di un trauma. Generalmente le cervicalgie psichiche colpiscono e sono più frequenti nei a soggetti ansiosi, angosciati, spesso ipocondriaci, o comunque con manifestazioni nevrotiche di vario genere ed entità. Le cervicalgie psichiche sono molto più difficili da trattare, perché tenderanno a non guarire, se non dopo aver ottenuto quello che rivendicano. Il soggetto risulta essere realmente colpito da un disturbo doloroso, ma tende ad accentuare e ingrandire la problematica andando a coinvolgere altri distretti corporei, magari lievemente colpiti. Tale atteggiamento è molto fuorviante, sopratutto per il fisioterapista e medico, che non riesce a focalizzare l’attenzione sul problema principale.
In molti casi troveremo una ansia puramente psicogena, aumentata da uno studio approfondito della propria problematica mediante lo strumento internet, oppure dalla continua ricerca di soluzioni, fornite dall’amico o conoscente,che naturalmente non può sostituirsi ad una accurata visita ortopedica ed eventualmente neurochirurgica. Il soggetto così tende a iniziare un trattamento riabilitativo o una cura medica, con speranza di guarigione, ma subito dopo poche sedute, nella continua ricerca di soluzioni alternative, tende a svalorizzare il trattamento ricevuto, fino a non risolvere affatto il suo problema. Nella mia pratica quotidiana, posso affermare con una certa sicurezza che tale categoria di pazienti, è la peggiore, e quando mi trovo davanti a questa situazione, attuo dei comportamenti molto decisi, ma non sempre efficaci. Talvolta peggiorano i sintomi a seguito degli innumerevoli esami clinici e paraclinici a cui il soggetto tende a sottoporsi alla continua ricerca della causa di un problema che evidentemente non si trova nella sede del dolore.
Durante le prime sedute, chiedo quanto possibile di individuare la sede del dolore, maggiore, provando ad escludere altri dolori. Ciò non significa non trattare il distretto nella sua interezza, bensì trattare il sintomo maggiore, e spostare il sintomo successivo ad uno step seguente, andando a ritroso, anche cronologico, rispetto al dolore instaurato. Tale approccio allunga di certo il numero di sedute, ma è volto sicuramente al tentativo di risoluzione del problema in maniera più approfondita, e soprattutto è volto ad acquisire una maggiore autorevolezza e fiducia da parte del paziente.
In casi difficili, si possono verificare situazioni in cui deve inserirsi, nel piano terapeutico la figura di uno psicologo-psicoterapeuta che mediante l’uso di farmaci ansiolitici, può aiutarci a spezzare il circolo vizioso in cui il paziente è inconsapevolmente caduto.
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